La Sicilia ha spesso avuto un ruolo importante nel cinema, non solo quello italiano. Se solitamente ad essere raccontate sono le vicende relative alla mafia, c’è però un pezzo di storia isolana che ha dato l’ispirazione per uno dei film italiani più famosi in assoluto, ovvero “Il Gattopardo”. La celebre pellicola di Luchino Visconti, interpretata da un cast stellare in cui erano presenti tra gli altri Burt Lancaster, Alan Delon e Claudia Cardinale, ispirata al romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, racconta infatti le vicende che caratterizzarono l’arrivo dei Mille sull’isola e i tentativi delle classi agiate siciliane di mantenere i propri privilegi anche dopo il cambiamento di regime che ne doveva conseguire. Dando infine vita ad un magnifico affresco, ancora oggi considerato un capolavoro assoluto.
Il gattopardismo: di cosa si tratta?
Il gattopardismo è ormai da tempo associato alla Sicilia, ogni volta che si cerca di dare una spiegazione ad una situazione apparentemente immutabile come quella che distingue da un punto di vista politico l’isola. Anche se ormai da tempo, questo particolare atteggiamento sembra in effetti aver valicato i confini siciliani allargandosi al resto della penisola. Ma cosa si intende effettivamente con questo termine, entrato nel vocabolario ormai da tempo?
Per “gattopardismo” si intende l’ostentazione di idee all’apparenza progressiste le quali, però, sono agitate alla stregua di una semplice bandiera per mascherare le reali intenzioni di chi le agita, ovvero la conservazione dell’ordine sociale esistente, a vantaggio naturalmente delle classi dominanti.

Il simbolo di questa particolare concezione della politica, e della vita in generale, è il giovane nobile siciliano Tancredi Falconeri, uno dei personaggi chiave del celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. È proprio lui a pronunciare le parole che riassumono questa vera e propria ideologia: “Se vogliamo che tutto rimanga come è bisogna che tutto cambi”.
Un pensiero dal retrogusto estremamente cinico, che in troppi continuano ad attribuire alla Sicilia, ma che proprio la storia si è in fondo incaricata di allargare al resto delle classi dirigenti italiane. Sotto forma di quel trasformismo che si affermò nella politica del Regno d’Italia nella parte finale del 19° secolo. Ovvero dopo che quelle parole erano state pronunciate da Tancredi Falconeri. Rendendo evidente che questa tendenza attribuita da Tomasi di Lampedusa ai suoi corregionali, non era in fondo che un tratto comune agli italiani.
I luoghi in cui fu girato il film di Luchino Visconti
Se il lato politico della pellicola di Visconti rappresenta ancora oggi un oggetto di largo dibattito, proprio alla luce dell’attualità del messaggio di Tomasi di Lampedusa, c’è un altro aspetto che ha sempre colpito gli spettatori del film. Ovvero la straordinaria bellezza dei luoghi in cui essa si dipana lungo le oltre tre ore di visione.

In particolare, sono due le location che ebbero il privilegio di essere adottate dalla produzione per girare le riprese: Palazzo Manganelli, sito a Catania, e Palazzo Valguarnera-Gangi, a Palermo. In particolare il sito palermitano fu il teatro della celebre scena del ballo finale, in cui l’unione tra Tancredi Falconeri e Angelica Sedara va in pratica a simboleggiare la nascente unione tra la rampante borghesia e una aristocrazia ormai declinante.
A questi due luoghi dominanti, però, se aggiunsero molti altri. A partire da Piazza San Giovanni Decollato, Piazza della Vittoria allo Spasimo, Piazza Sant’Euno e Piazza della Marina, tutte site a Palermo e riportate per l’occasione allo stato tipico degli anni in cui avvennero gli scontri tra i garibaldini e l’esercito borbonico.
Per le scene in cui viene evocata la residenza estiva dei Salina, invece, fu scelta Ciminna, in particolare per la presenza della Chiesa Madre e di un paesaggio circostante fiabesco. Con una digressione rappresentata dal Palazzo Chigi di Ariccia, dove furono ambientati alcuni interni. Il risultato finale è quello che ancora oggi può essere ammirato nel film di Visconti. Un capolavoro.